venerdì 13 gennaio 2012

Kulturame Classici: Storie di Frontiera del 21° Secolo.

Una recensione di Wellington.

Tropa de Elite di José Padilha.

"A Rio De Janeiro ogni poliziotto deve fare una scelta: o ti sporchi le mani, o fai finta di niente, o fai la guerra".



Ci sono le bande che dominano le Favelas di Rio de Janeiro. Si vantano di avere "coscienza sociale", di essere i difensori della Favela da bande rivali e dalla polizia corrotta e brutale, ma in realtà sono solo bulletti e narcotrafficanti. Sono bene armati però. Dal traffico di stupefacenti ricavano abbastanza da comprare armi da fuoco automatiche. Nemmeno la polizia osa entrare nei loro quartieri senza permesso. Vivono veloci, muoiono giovani e lasciano dei bruttissimi cadaveri.

Poi ci sono i ragazzi della Rio bene. Studenti universitari soprattutto. La loro visione del mondo è distaccata dalla realtà quanto i loro appartamentini nei quartieri chic sono distaccati dalle Favelas. Sono preoccupati per i soprusi della polizia nei quartieri poveri, ma ancora di più per i poliziotti che gli parlano troppo rudemente e gli sequestrano il fumo ai posti di blocco. Molti di loro lavorano come volontari per organizzazioni non governative che mettono in scena spettacoli di marionette per i bambini delle Favelas e altre attività semi-utili. Le ONG esistono nelle Favelas con il beneplacito delle bande e devono seguire regole precise. Di solito, tanto perchè sono "non governative", fanno capo a un qualche uomo politico deciso a raccogliere voti nella Favelas. Mischiarsi con la feccia fa molto chic, e poi sennò dove lo trovi il fumo 'bbono? Alcuni di questi giovani impegnati si danno anche allo spaccio a beneficio dei loro compagni di scuola. Non che ne abbiano bisogno per campare, ma fa tanto figo.

Poi ci sono i poliziotti. Loro non si vantano di niente, più che altro tirano a campare. Non ci tengono particolarmente a rischiare la pelle per le Favelas. Sono comunque troppo pochi, male addestrati e male armati. La loro vera attività è la raccolta delle mazzette. Taglieggiano chiunque, dai posteggiatori ai narcotrafficanti. Si taglieggiano perfino tra di loro. Nella polizia si è corrotti per pura avidità, per mandare avanti la famiglia o addirittura per rimediare alla corruzione altrui. Impegnati come sono a rubare non hanno proprio il tempo per fare altro. E anche se ce l'avessero, non potrebbero fare molto dato che pile decisamente troppo alte di denuncie giacciono inevase sulle scrivanie e le auto di servizio sono ferme per mancanza di pezzi di ricambio rivenduti dai loro comandanti sul mercato nero.




Infine ci sono gli agenti del BOPE. il gruppo speciale della polizia. Ben addestrati, ben armati, il coraggio certo non gli manca. Entrano nelle Favelas come i Commandos della Seconda Guerra Mondiale sbarcavano sulle coste della Francia occupata. Colpiscono veloce, colpiscono duro e spariscono. Si lanciano in scontri a fuoco a suon di armi automatiche come se fosse la cosa più naturale sulla terra. Sono capaci di abusi che danno una nuova definizione all'espressione "tipica brutalità poliziesca latino-americana". Le bande li temono e li odiano. La filosofia degli uomini del BOPE è disarmante nella sua realistica semplicità: questo non è ordine pubblico, è una guerra e le bande sono il nemico. Gli altri poliziotti sono al meglio inutili, al peggio dannosi: che si levino dai coglioni e ci lascino lavorare! I fighetti della Rio bene e le loro ONG non sanno in che mondo vivono ed è grazie alla loro passione per lo sballo che i narcotrafficanti guadagnano abbastanza da comprarsi le armi che poi a noi tocca fronteggiare guardandole dalla parte sbagliata.

Quando le storie di questi quattro volti del Brasile odierno si incrociano il risultato è un piccolo capolavoro di film.

Tropa de Elite  mostra un'immagine del Brasile molto diversa da quella canonica delle spiaggie piene di culi rimbalzanti di Samba. E' uscito in Italia col titolo terzomondista-simpatetico di Tropa de Elite - Gli Squadroni della Morte, ma il film è molto più sofisticato di così. I quattro diversi punti di vista si intersecano in maniera molto efficace fornendo un quadro molto convincente e quasi documentaristico delle realtà alla moderna frontiera tra civilizzazione e barbarie.Unico difetto forse è il fatto che la voce narrante del film, quella di un capitano del BOPE, farebbe pendere un po' la narrazione dalla parte dell'unità di elite se non fosse che il regista è riuscito sapientemente ad evitarlo. Quel "quelli della ONG non capiscono le favelas perchè non capiscono la guerra" è una delle cose più intelligenti che ho sentito in un film da un bel po'.

Devo ringraziare l'Orco per avermi fatto scoprire un film che racconta la realtà proprio come vorrei raccontarla io.


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