Salutato da una coppia di frati cercatori con il consueto “Dio ti dia pace”, Hawkwood ringhiò, “Dio vi privi delle vostre elemosina!”. I frati protestarono che gli avevano semplicemente augurato di star bene. “E in che modo?” chiese Hawkwood. “Non è forse l’accattonaggio la vostra professione e non è forse la guerra la mia? Se voi mi augurate la pace come vivrò? Perciò io dico, Dio vi privi delle vostre elemosina!”.
PS: quella mattina a Hawkwood gli dovevano girare davvero.
Se coloro che sono così preoccupati per l’uso di “mercenari” in Iraq e temono la fine della democrazia ad opera della Blackwater leggessero questo libro rischierebbero il ricovero.
The Devil’s Broker di Frances Stonor Saunders è un torrenziale viaggio nell’Italia pre-rinascimentale del 14° Secolo, all’epoca lo stato più ricco d’Europa e anche quello col più alto indice di irrequietezza politica.
Alla fine della Guerra dei Cento Anni nel Bel Paese discende il signore di ventura inglese Sir John Hawkwood accompagnato da un’orda di soldati disoccupati, anch’essi in prevalenza inglesi, che avevano appena finito di saccheggiare la Francia fino alle fondamenta riuscendo perfino a ottenere un enorme riscatto dal Papa per togliere l’assedio al Santo Soglio, all’epoca in esilio ad Avignone.
Questa torma di razziatori erano proprio il tipo di persona da cui la mamma vi ha sempre detto di girare al largo. I mercenari usati da Macchiavelli e Petrarca come esempio di a chi lo Stato non dovrebbe affidare la propria difesa.
In realtà più che di mercenari professionisti si trattava di una vera e propria orda di barbari che all’occasione si faceva mercenaria a beneficio dei ferocemente campanilisti staterelli in cui era all’epoca divisa la penisola.
E pensare che se all’epoca ci fossero state le Nazioni Unite probabilmente la avrebbero definita una “nazione fallita” e vi avrebbero inviato squadre di burocrati in fuoristrada Nissan dipinto di bianco a distribuire assistenzialismo a piene mani e pianificare improbabili quanto inefficaci programmi di aiuto allo sviluppo e allora forse il Rinascimento lo avremmo anche potuto salutare.
In questa nazione fallita, anzi nascente, e da lì a poco ri-nascente, propulso dall’energia tipica dell’uomo a cui importa solo dei suoi porci interessi, si aggirava accompagnato dal proprio esercito personale Giovanni Acuto. Così lo chiamavano gli Italiani avendo difficoltà a pronunciare il cognome Hawkwood. Capace di subire immani rovesci di fortuna e rialzarsi in piedi, di vincere guerre dopo aver perso tutte le battaglie, di voltare gabbana alla velocità del pensiero, Hawkwood rappresenta alla perfezione la figura del barbaro che riesce a sopravvivere e a far fortuna in un ambiente alieno.
In Italia l’arrivo dell’orda straniera modificò in maniera decisiva gli equilibri interni fornendo ai vari attori in competizione lo strumento che aspettavano per lanciarsi contro la gola di ciascun altro e consentendo ad alcuni di essi, come ad esempio il papato, di dissanguarsi per pagare le compagini di ventura nel tentativo di realizzare le proprie ambizioni politiche, mettendovi così invece fine per esaurimento scorte.
I veterani stranieri portarono con se moderne nozioni di tattica ed organizzazione militare, le loro compagini si riempirono presto di giovani Italiani ambiziosi che, imparato il mestiere delle armi, procedettero a creare le proprie attività imprenditoriali guerriere. Fenomeno che nel giro di qualche decennio avrebbe fatto dell’Italia con le sue compagnie di ventura il paese militarmente più avanzato d’Europa.
Emulo del democraticissimo amico Ernesto che a una certa cena con amici preso da sublime rapimento e da leggera intossicazione alcolica si è ritrovato incidentalmente ad esclamare ”certo però che essere nazisti doveva essere una figata!” ho messo giù questo libro esclamando: “certo che essere un signore della guerra deve essere proprio figo!”.
Nessun commento:
Posta un commento