venerdì 13 gennaio 2012

Kulturame Classici: DOSTOEVSKIJ A TORINO.


Una recensione di Wellington.


                     
                                    

I Compagni del Fuoco di Ernesto Aloia è un libro che ha avuto un certo ruolo nella mia vita recente perchè, oltre ad essere stato scritto da un amico, è la prima testimonianza narrativa degli anni post-11 Settembre che ho letto che valga qualcosa.

In “Dostoevskij a Manhattan” André Glucksmann notava che la letteratura riesce spesso a descrivere la realtà profonda in un modo in cui filosofi e scienziati non riusciranno mai. Lo scrittore occidentale, secondo Glucksmann, possiede l’arma segreta della “capacità di disvelamento”.

Dal 2001 ho ripensato spesso a queste parole di Glucksmann nel constatare che, per quanto si potessero scrivere post su un blog e perfino interi saggi per spiegare cosa è successo nella società occidentale durante la guerra al terrorismo, niente avrebbe mai potuto farlo bene come un romanzo. E non sto parlando di storiografia o geopolitica qui, ma di atmosfera.

Non si può spiegare in un saggio, almeno non in maniera efficace, come i ragazzini delle medie intervistati nel 2001 subito dopo l’11 Settembre siano arrivati a concludere che “l’hanno fatto perchè sono poveri”. Non si può far capire in un saggio, magari tramite grafici e sondaggi, come la diffusione delle teorie della cospirazione sul 9-11 sia stata altalenante in quanto per molti legata alla sua utilità politica. La progressione da “OK il terrorismo è sbagliato ma...” a “ma di chi è la colpa in fondo” a “dimenticate l’11 Settembre! Parliamo di Bush e dei Neocon!” dei talk show televisivi non la si può rendere efficacemente in un saggio. Una manifestazione “per la pace” descritta in un saggio non avrà mai la potenza di una descritta in un romanzo. I personaggi che nei forum internet, già il 12 Settembre 2001, insistevano perchè non si usasse il termine “terrorismo” oppure lo si allargasse alla guerra in generale, alla globalizzazione, perfino allo stupro, che posto hanno in un saggio?

I Compagni del Fuoco riproduce l’atmosfera degli anni della guerra al terrorismo con una chiarezza che nessun saggio riuscirebbe mai ad avere. Quante volte leggendo questo romanzo ho pensato “tipico!”, “questo mi ricorda quella volta che parlando con...”, oppure di un personaggio “questo tizio è tale e quale a...nome di persona che conosco”?  Innumerevoli.

Quando il personaggio di un romanzo, o una determinata situazione descritta nel romanzo, confermano ciò che pensi c’è il dubbio che ti stiano dando in pasto degli stereotipi. Ma quando confermano ciò che vedi sai per certo che sei di fronte a quella “capacità di disvelamento” di cui parlava Glucksmann.

Il romanzo racconta di una coppia di genitori piuttosto progressista di Torino che all’improvviso si ritrova in casa un figlio adolescente emulo di John Walker Lindh, il “talebano americano” catturato in Afghanistan nel 2001. Intorno allo sconcerto e al disorientamento dei genitori ruota tutto un mondo fatto di centri studi sulla pace (per uno dei quali il padre del ragazzo lavora), banche etiche, centri sociali, sessantottini invecchiati, predicatori islamici, centri culturali per immigrati. Una ben ferrata descrizione dell’atmosfera nell’Italia del GWOT*.

La trama scorrevole, la prosa efficace e la sottile ironia di Aloia ne hanno reso la lettura molto gradevole anche a uno come me che bazzica poco la narrativa.

Avevo abbozzato questa recensione nel 2007 e l’ho completata di recente dopo aver ripreso in mano il romanzo ritrovandomi a pensare: “come vorrei essere capace di descrivere quello che vedo come Ernesto. E in una prosa così bella!”. Sono in un ritardo scandaloso, lo so, ma consiglio vivamente di leggerlo.

*Global War on Terrorism (NDK).

                         
                         


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