sabato 31 agosto 2013

Il nuovo modello di politica internazionale dell'Occidente: la caciara.

Nota del Kulturame: Questo articolo è apparso in forma di nota sul profilo Facebook di Wellington - L'Antieroe il 25/08/13, e viene pubblicato col consenso dell'autore.



La politica internazionale dell'Occidente ormai non è guidata né dalle idee, né dalla strategia, ma dalla caciara. Caciara di teorie insulse e narrative piccolo-ideologiche ad usum di politica interna.

E così, ora la ggente è indignata per i massacri al gas nervino in Siria.

Non c'è voluto nemmeno uno special di rainews24ballealminuto per spiegargli che il Sarin è un'arma chimica. E viene da chiedersi se è perché il Sarin, a differenza del fosforo bianco, è effettivamente un'arma chimica, oppure perché i reportage vale la pena di farli solo per le guerre amerikane.

Naturalmente esiste e resiste anche un fronte negazionista che cerca di spiegare i massacri con qualche demenziale teoria, o che vuole "le prove!", come già le voleva per Osama Bin Laden e l'attacco dell'11 Settembre, in attesa di rigettarle tutte tramite teorie del complotto.

Figurati cosa direbbero questi figuri se si scoprisse che davvero l'attacco col gas è una risposta all'apertura da parte di ribelli armati ed addestrati dagli USA di un nuovo fronte al confine con la Giordania.

C'è da dire che tutto questo dimostra che Barack Hussein Obama è rispettatissimo è temutissimo in Medio Oriente. Chissà quante volte ancora Assad dovrà gassare dei bambini prima che si possa dire pubblicamente che le "red lines" della Casa Bianca sono fuffa.

D'altra parte, alla guida della sua politica in Siria e in Medio Oriente in generale, l'amministrazione Obama ha messo il fiero alleato Recep Tayyip Erdogan, un islamofascista con manie di grandezza neo-ottomane che in tanti anni di deliri di onnipotenza da tabellone del Risiko non è riuscito a segnare nemmeno un punto.

Beh, quasi. In effetti dipende da come si contano i punti. Perché se è vero che Erdogan non ha fatto una cippa per mantenere il Medio Oriente stabile, e nulla nell'interesse del suo illuso alleato, l'Occidente, ha fatto molto per appoggiare la presa al potere di islamisti come lui, ad esempio Morsi dell'Egitto. Poi tutti sappiamo come è finita quella storia.

Tutti tranne Erdogan, per il quale il ritorno al potere dei militari in Egitto è invece un complotto di Israele. E a tal proposito, uno dei nuovi fondamentali della nuovissima politica Occidentale per il Medio Oriente è il buttarsi nel mucchio nell'orgia "blame Israel first". Naturalmente l'opinione pubblica occidentale è ancora, se di poco, più sofisticata di quella mediorientale, e allora, mentre il rozzo Recep Tayyip la butta nella teoria della cospirazione, la stampa occidentale si limita a citare un "anonimo" funzionario israeliano secondo il quale lo Stato Ebraico avrebbe fatto lobbying sugli USA e sull'Europa perché appoggino i militari egiziani. Cosa possibile, ma dubbia. Perché se è vero che a Israele non dispiace vedere Morsi cadere, è improbabile che si esponga fino a tal punto. Soprattutto sapendo che i militari egiziani dell'appoggio occidentale non hanno bisogno, e anzi se ne infischiano.

Ma l'importante è mantenere la tesi che dietro qualunque cosa succede in Medio Oriente c'è, in qualche maniera, Israele. Se per i rais arabi questa tesi fornisce un prezioso capro espiatorio contro il quale indirizzare la rabbia delle piazze e uno strumento di demonizzazione del nemico ("Tizio è alleato di Israele! Potere a Caio!"), in Occidente, oltre a solleticare l'ego dei filo-palestinesi ideologici e non che abbondano nei media, nelle università, e nella politica, ha il non trascurabile pregio di fornire l'illusione che la macelleria mediorientale abbia un endgame, e che l'Occidente possa avere una voce in capitolo in esso.

Qual'è infatti la soluzione per la "Primavera Araba", ovverosia per quel fenomeno nato con proteste di piazza contro governi dispotici non più in grado di elargire panem et circenses, e dirottato verso una guerra di supremazia regionale tra pseudo-potenze emergenti tutte contente che il gatto egemonico amerikano avesse deciso di abbandonare l'area e lasciar ballare i topi? La soluzione è mandare John Kerry, l'uomo che non è riuscito a sconfiggere George w. Bush in elezioni regolari, a promuovere un altro giro di inutili negoziati che i Palestinesi, ooops, volevo dire gli Israeliani, faranno come al solito fallire a causa della loro perniciosa insistenza sul sopravvivere come nazione. Gli Israeliani rifiutano perfino di convincersi che, anche se i loro nemici si dimostrano disposti ad usare gas nervino contro il loro stesso popolo, non c'è da preoccuparsi per la proliferazione nucleare in Medio Oriente.

Quando il nuovo presidente iraniano Rohani dice che la questione palestinese è una ferita aperta in Medio Oriente ha ragione. Dimentica però di dire che si tratta di una ferita auto-inflitta. Se la spogli di tutta la retorica infiammatoria degli ideologi, il conflitto israelo-palestinese si mostra per quello che è: una delle tante dispute tra Stati su pochi pezzi di territorio.

Intanto, ovviamente, silenzio imbarazzato sull'Iran, senza il cui patronato Assad già penzolerebbe da un pilone della luce. Perché qualsiasi cosa l'Iran fa, dall'impiccare gli omosessuali a finanziare il terrorismo, da lapidare le adultere a catturare marinai della Royal Navy nel Golfo Persico, non la si può far notare. Perché parlarne è un segnale sicuro di strategia della tensione, di sporca propaganda che prepara il prossimo attacco neoccon, la prossima invasione "per il petroGlio". Semmai quello che bisogna far notare è ogni presunto "progresso" iraniano sulla strada della democrazia, nonché ogni teoria "a mezzo culo" (half-ass) su come il regime islamista sia in realtà poco compreso da parte di un Occidente colonialista e razzista. E poi trasmettere documentari sulla grande civiltà persiana per insegnare alle masse non lavate che "loro", in fondo, sono proprio come "noi".

Ma tornando alla Siria, adesso cosa? Intervento, o non intervento?

La ggente si chiede, ma perché nessuno interviene? La domanda che ne segue è: "Ma chi?". Lasciando da parte i lunatici che invocano l'invio di "truppe ONU", non si starà mica chiedendo agli USA e alla NATO di intervenire? Mica?

Certo che sì, con il caveat che a ogni "bomba intelligente" che sbaglia bersaglio la ggente scenderà in piazza sventolando bandiere arcobaleno e chiamando tutti assassini di bambini.

Stessa cosa, d'altra parte, che sta succedendo in questi giorni. Siamo tutti testimoni, in tutte le capitali del mondo (e naturalmente ad Assisi), dello spettacolo di marce oceaniche "per la pace" contro Assad, l'Iran, Hezbollah, e la Russia.

Comunque, se l'intervento non ci sarà, la ggente ha già pronta la risposta: "Ecco, in Siria no, in Iraq sì, perché lì c'era il petroGlio."

E rimuovere Saddam Hussein, che pure lui aveva usato il gas contro il suo stesso popolo, era invece opportuno anche se in Iraq invece il petrolio c'è?

A proposito, e il fiero alleato Galeazzo Erdogan è interessato al petroGlio? Sappiamo che al gas naturale è molto interessato, tanto che minaccia di usare la marina da guerra per bloccare il progetto israeliano-cipriota di trivellazione nel Mediterraneo, a meno che il gasdotto che dovrebbe portare detto gas in Europa non passi attraverso la Turchia, e che non venga pagata una mazzetta all'inesistente Repubblica di Cipro del Nord, una nazione riconosciuta solo dai Turchi.

Ma che volete, qui stiamo parlando di una civiltà che in poco più di dieci anni di guerra è riuscita a dare ragione al nemico, e a farsi vendere concetti quali "se ci odiano avranno pure un motivo", come se l'odio fosse razionale, e "se ci attaccano, è perché li abbiamo provocati", come se i terroristi per attaccare avessero bisogno di motivazioni, e non di semplici scuse (delle quali, forse un giorno ci arriveremo, non rimarranno mai a corto).

E facciamo doverosa menzione anche dei discorsi tipo "è diventato un terrorista perché un drone americano ha ucciso suo fratello con un missile Hellfire", che non sono necessariamente falsi, sono solo molto meno rilevanti di quanto si vuole far apparire. Come dire: "Si è arruolato in marina l'8 Dicembre del 1941 perché suo fratello era sulla USS Arizona". Sarà anche così, ma non è certo quella la causa della Seconda Guerra Mondiale. Se fosse vero che la motivazione principale dell'umanità per combattere è la vendetta, tutte le guerre sarebbero durate in eterno.

Le guerre non si vincono quando hai sterminato il nemico fino all'ultimo uomo, le guerre si vincono quando hai ammazzato abbastanza nemici da convincerli che continuare a combattere non vale la pena, e nel nostro caso, il nemico ci è riuscito benissimo.

Quando ti ritrovi un uovo fossilizzato come il Senatore dell'Arizona John McCain, l'uomo che non è riuscito a battere Barack Obama in elezioni regolari, a perorare la causa della Fratellanza Musulmana, secondo lui una forza democratica e secolare, sostenendo che adesso andranno tutti ad arruolarsi in Al Qaida per colpa nostra, in quale vittoria volete più sperare? Come ha scritto Daniel Greenfield: "La fallacia "terrorismo o democrazia" tratta gli islamisti come "cattivi" se fanno saltare un edificio per installare una teocrazia, ma "buoni" se si presentano alle elezioni per installare una teocrazia. Rende il processo una priorità rispetto al risultato, e la sua logica suggerisce che se Hitler o Stalin fossero arrivati al potere tramite un puro processo democratico, non avremmo dovuto avere obiezioni."

A proposito, a parte che il fatto che il termine "Al Qaida" venga sempre buttato in giro come se fosse l'unica minaccia esistente (il che non è male se si considera che secondo la prima amministrazione Obama Al Qaida era morta, e Detroit era viva) ha veramente rotto, io ammetto di non avere le idee chiare riguardo la composizione dei gruppi anti-Assad in Siria, ma se l'asse Erdogan-Morsi è un tale bastione contro Al Qaida, come mai ci sono così tanti combattenti di Al Qaida in Siria? Come mai, ovunque la Fratellanza Musulmana inizia ad affermarsi, come in Libia, Al Qaida sembra apparire dal nulla?

In ogni caso, ormai il Medio Oriente, liberato della perniciosa egemonia occidentale, è libero di esprimere sé stesso, e lo sta facendo al suo meglio. Ora non segue più l'Occidente, è l'Occidente a seguire lui. Nel nuovo mondo al contrario, invece di combattere l'islamismo totalitario lo si aiuta a prendere il potere, ed è l'Iran ad avvisare gli USA di non azzardarsi a superare le "linee rosse".

Se pure il Medio Oriente non fosse un totale bordello probabilmente già oltre ogni possibile redenzione, l'Occidente non sarebbe in grado di offrire nessuna, non dico soluzione, ma nemmeno strategia coerente. Perché ogni più minuscolo segmento politico o ideologico della nostra civiltà si perde cercando di infilare ogni fatto e fattarello all'interno della sua particolare narrativa o teoria.

E ciò che vale per il Medio Oriente, vale per il resto del mondo. Stiamo lanciando su scala globale il messaggio che la nostra civiltà è troppo impelagata in bizantinismi interni per sapere come si combatte per i suoi interessi.